WELFARE LIBERA TUTTI | Martedì 22 luglio 2025
“Ci deumanizzano”: il welfare che dà voce ai tassisti
A Bologna Cotabo lancia il primo sportello psicologico per i suoi 600 tassisti: un progetto pionieristico di welfare cooperativo.
Bologna, ore 11:30 di un martedì qualunque.
Fuori, la città ribolle. Cantieri del tram, clacson impazienti, linee gialle che scorrono lente. Dentro la sede di Cotabo, Riccardo Carboni risponde al telefono. È presidente di una delle cooperative di taxi più grandi d’Italia, ma prima ancora è figlio di una delle prime tassiste donna di Bologna. Il taxi, per lui, è una storia di famiglia. Non ha mai nascosto che, un giorno, gli piacerebbe tornare dietro il volante perché, in fondo, è lì che tutto è cominciato.
Davanti a lui, 600 persone, non sono solo autisti: sono vite che ogni giorno si muovono tra le corsie preferenziali e le piccole felicità degli altri.
Chi guida un taxi, spesso, è un testimone silenzioso della città. Ma chi ascolta lui?
Ciao Riccardo, iniziamo dal “semplice e un po’ banale”. Come sta cambiando la figura del tassista? Mi riferisco in particolare a genere ed età.
“La percentuale di under 35 è in crescita. Fino a poco tempo fa, l’età media era altissima: over 60, over 65 che continuavano a lavorare anche dopo la pensione.Poi è arrivato il Covid, che ha cambiato tutto.”
In effetti, i numeri nazionali confermano una tendenza lenta ma presente. Nel 2021, l’età media degli autisti del trasporto passeggeri (bus e coach) era di 47 anni, superiore sia alla media del settore (44 anni) che a quella della forza lavoro complessiva. Solo il 2% degli addetti ha meno di 25 anni. In Cotabo la percentuale di under 35 ora si è attesta al 10%, mentre quella femminile è del 5%, se si considerano i soli titolari di licenza, ma sale a 10% includendo anche le attività svolte con parenti o consorti
Il Covid è stato davvero uno spartiacque?
“Chi era già fuori ha capito che oltre una certa età si diventa vulnerabili.È partito un ricambio forte: sono entrati anche ragazzi di 22-23 anni.”
Considerando che l’età minima per ottenere una licenza è di 21 anni, l’arrivo di neo-tassisti così giovani indica un cambio generazionale, anche se ancora contenuto. Dati aggiornati sulla percentuale di under 35 nella categoria aiuterebbero a dare misura reale di questo passaggio.
22 anni è davvero giovanissimo per un tassista. È un fenomeno nuovo?
“Sì. I requisiti si prendono a 21 anni.Quando trovi giovani così, vuol dire che stanno puntando tutto. È una buona notizia.”
E sul fronte femminile? Le donne stanno entrando in questa categoria?
“Anche lì si cresce.Spesso entrano in cooperativa insieme a mariti o fratelli.Ma è un lavoro complicato da conciliare con la famiglia. Serve tempo, resistenza, presenza.”
Il trend di crescita femminile è visibile ma resta marginale. A Roma, nel 2024, su 7.718 licenze taxi attive, solo 644 sono intestate a donne: l‘8,34%. Un dato coerente con il trasporto passeggeri in genere, dove le donne rappresentano il 7% in Italia (contro una media UE del 12%).
Ma perché i giovani scelgono di fare i tassisti? È diventato figo o è un ripiego?
“Figo direi di no. Subiamo attacchi, non siamo benvoluti, e non sappiamo comunicare bene chi siamo.Ma il mestiere dà autonomia. È impegnativo, ma dà spazio. È un investimento, come sposarsi.”
Parole dritte, ma realistiche. L’acquisto di una attività taxi e di un veicolo allestito. Si tratta di artigiani, quindi imprese, la retribuzione nazionale media è di circa 14.660 €, fatta di ricavi da attività meno i costi che non sono pochi, ma la forbice varia di molto, a Bologna ad esempio siamo a 19.000 € circa di imponibile.
Che tipo di autonomia offre un lavoro così impegnativo?
“Ti organizzi. Ma più tempo dai, più guadagni. È un lavoro che ti assorbe.”
Hai parlato di etica: che significato ha in questo mestiere?
“Nessuna distinzione. Chi va al Sant’Orsola in orario di punta paga come tutti.Manager o disperato, tutti hanno la stessa tariffa, la stessa dignità.”
E il confronto con Uber? Quanto pesa?
“Uber? È un intermediario con altri obiettivi. Deve remunerare gli investitori. Noi, invece, difendiamo il lavoro. Non cerchiamo profitti illimitati, ma una sostenibilità reale.”
Il confronto che Riccardo fa con Uber effettivamente è illuminante: tra il 2014 e il 2022, la piattaforma ha accumulato perdite per oltre 31 miliardi di dollari. È un modello orientato agli investitori, non alla tutela del lavoro. Cotabo, al contrario, è una realtà mutualistica che mira alla sopravvivenza e al benessere del socio-lavoratore.
Uber? È un intermediario con altri obiettivi. Deve remunerare gli investitori. Noi, invece, difendiamo il lavoro.
Ma è anche un lavoro solitario. Come si affronta?
“Dieci ore in macchina. Metà da solo, l’altra metà con sconosciuti. Alcuni ti raccontano tutto, altri ti vomitano addosso rabbia o disperazione. O diventi di ghiaccio, o diventi una spugna.”
“Spugna o ghiaccio” è un’immagine forte. Cosa significa in concreto?
“Viviamo in una società arrabbiata. E chi sta da solo, spesso, non ha strumenti per gestire le emozioni che assorbe.”
Avete dati su stress, ansia o disagio nella categoria?
“Il vero problema è riuscire ad ammettere che si ha bisogno di aiuto.”
Ed è da qui che nasce lo sportello psicologico?
“Abbiamo aperto uno sportello in collaborazione con Welfare Come Te. Non è un centro clinico ma un punto d’ascolto. Serve a normalizzare il confronto. Non sei malato se hai bisogno di parlare.”
Cotabo è la prima cooperativa di tassisti in Italia ad aver attivato un servizio psicologico dedicato. Gli utenti dichiarano il 100% di soddisfazione, ma il vero nodo resta culturale: solo chi riconosce il proprio bisogno si affida al servizio.
Sta funzionando davvero?
“I numeri non sono alti, ma chi lo ha usato è rimasto soddisfatto. È un passo. Lento, ma necessario.”
In una recente intervista hai detto “non lasciamo indietro nessuno” suona un po’ come uno slogan…
“Non è solo uno slogan. Le cooperative sono famiglie e bisogna mettere le persone in condizione di chiedere aiuto, senza sentirsi giudicati. È questo il valore vero: tenere tutti dentro, anche chi sta male. La narrazione di oggi ci disumanizza. Sembriamo un blocco, una categoria astratta ma non è così. Noi viviamo storie vere. Quando qualcuno deve allontanarsi in fretta da un ospedale, dopo un lutto… chiama un taxi. Quelle cose non si dimenticano.”
E il futuro?
“La tecnologia, l’AI, distruggerà prima gli intermediari che i lavoratori. Se resistiamo, possiamo avere un vantaggio.”
Chi guida un taxi non è un numero. Non è un algoritmo, non è una corsa da ottimizzare. È una persona che ogni giorno incrocia centinaia di vite, spesso senza mai poter raccontare la propria. Il progetto di Cotabo non risolve tutto, ma dice una cosa importante: il welfare non è un lusso. È un diritto. Ed è anche il primo passo per restituire dignità a chi lavora.