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Il Care Manager: per passare da un Welfare “di prestazioni” a un welfare personalizzato.

Troppe volte “l’esperienza di cura” viene vissuta dai caregiver come una fredda riconduzione della domanda all’interno di servizi prestabiliti che – come silos immobili – si impongono come risposta standard al bisogno di assistenza. Ma il “prendersi cura” è un’esperienza ben più complessa, che richiede un’attenzione e un affiancamento professionale molto più avvolgente del semplice reindirizzamento verso un servizio privato.

Ecco perché – ormai dal 2014 – abbiamo portato all’interno del mercato del welfare un approccio differente: un sistema di presa in carico del bisogno che ha l’obiettivo di far vivere un’esperienza positiva al caregiver. Il cuore pulsante di questo sistema sta nella figura del CARE MANAGER.

Chi è? Cosa fa? Come lo fa? Per risponderci lo abbiamo chiesto a Milena Cordara, Educatrice Professionale di Cooperativa Animazione Valdocco, impegnata nel mondo della cooperazione dal 1993, nonché uno dei Care Manager che Welfare Come Te attiva sul territorio piemontese.

Ciao Milena, ci racconti il tuo percorso professionale?

Negli anni ho lavorato in diverse tipologie di servizi: servizi territoriali di prevenzione al disagio minorile, servizi alla prima infanzia, assistenze scolastiche per bambini e ragazzi con disabilità fino ad arrivare a ciò di cui mi occupo tutt’oggi: servizi di Assistenza Domiciliare in Accreditamento con l’Ente Pubblico (ASL e Città di Torino) per anziani, disabili, minori e malati terminali.

Chi è il Care Manager? Quale professionalità deve avere?

In realtà non è semplice rispondere a queste domande con una riposta chiusa e didascalica, perché il rischio è quello di confinare un ruolo e una figura centrale nella relazione d’aiuto a una mera definizione. Per essere Care Manager, più del titolo professionale, contano le caratteristiche personali: prima tra tutte la capacità di entrare in empatia con persone che si sentono sopraffatte, affaticate e spaesate di fronte a difficoltà fino a quel momento mai affrontate, che faticano a gestire sia da un punto di vista pratico e organizzativo, sia da un punto di vista emotivo. Il Care Manager deve saper “sentire” oltre ad ascoltare: deve saper cogliere i “non detti” e tradurli in soluzioni che alleggeriscano e facciano percepire  alle persone che possono trovare nel loro interlocutore un supporto vero e tangibile.

Si crea quindi un legame di fiducia tra Care Manager e caregiver?

Spesso il Care Manager si occupa di situazioni legate all’ambito della non-auto sufficienza: quindi di persone che, in tutto e per tutto, dipendono dagli “altri”; proprio per questo, il concetto di fiducia risulta fondante. Non ci si fida a prescindere, per curriculum, ma perché l’atmosfera e l’ambiente che si crea durante la relazione fa sentire accolto. Per ognuno di noi è importante avere accanto persone di cui ci si fida, alle quali ci appoggiamo e ci rivolgiamo sapendo che la nostra fragilità, il nostro momento di difficoltà sono riposti in mani sicure.

Il Care Manager aiuta anche nell’emersione del bisogno…

Certo! In primo luogo, deve aiutare le persone a tradurre il loro bisogno: chi non ha mai gestito problemi legati alla non-auto sufficienza, a volte, non ha la lucidità necessaria per valutare quale sia la soluzione migliore per il proprio famigliare, quella più rispondente ai bisogni reali. Il ruolo del Care Manager si innesta in questa analisi come professionista della relazione di aiuto che deve saper leggere i contesti (anche solo raccontati), e supportare nella scelta migliore, che a volte potrebbe anche sfociare in un ricovero in struttura anziché una permanenza al proprio domicilio.