Il bullismo non è uno scherzo

Magro come un chiodo, occhiali spessi un dito
Sopra occhiaie da malato di un bluastro scolorito
Fragile, dimesso, timido, educato
Era il più bravo della classe, perciò l’hai sempre odiato
Con lui facevi il bullo, perché tu, nato nell’oro
Gli scaricavi addosso l’invidia del somaro

E lo chiamavi Billy blu, pupazzetto, animale
Gli sputavi tra i quaderni, lo spingevi per le scale
Lui cadeva e tu ridevi, come ride un deficiente
Si rialzava e sorrideva, ma non diceva niente
Perché lui era più forte dei tuoi muscoli di cera
E tutta la sua forza l’hai scoperta l’altra sera

“Billy Blue”, Marco Sentieri

Il bullismo si basa su tre principi: intenzionalità, persistenza nel tempo, asimmetria nella relazione. Esso è pertanto contraddistinto da un’interazione tra coetanei caratterizzata da un comportamento aggressivo, da uno squilibrio di forza/potere nella relazione e da una durata temporale delle azioni “vessatorie”.

Nei paesi occidentali il fenomeno coinvolge in media il 35% della popolazione di riferimento, per il cyberbullismo il 15%.

In Italia un’importante rilevazione sul fenomeno è stata fatta dall’Istat nel 2014 su un campione di circa 24.000 famiglie residenti sul territorio italiano. L’indagine era focalizzata sul gruppo di giovani fra gli 11 e i 17 anni. Dall’indagine Istat emerge un quadro preoccupante ma anche complesso. Se oltre il 50% dei ragazzi afferma di essere stato vittima di almeno un episodio di bullismo nel corso dei 12 mesi precedenti l’intervista, i casi più rilevanti che mantengono il requisito dell’azione continuata nel tempo riguardano il 20% degli intervistati, più o meno divisi a metà fra chi li subisce qualche volta al mese e chi è vittima di vessazioni anche più volte durante la settimana.

In percentuale, gli abusati sono un po’ più femmine che maschi, sono un po’ più nelle medie che nelle superiori e vivono più a nord che a sud, e sono anche un po’ più stranieri che Italiani.

Questi numeri servono per cominciare a dare una forma esteriore; un contenitore a qualcosa che di per sé non può essere circoscritto in un dato quantitativo ma che dello stesso ha bisogno per avere una cornice in cui riportare un discorso sugli interventi che non segua solo la ciclica spinta emotiva innescata dal sensazionalismo utilizzato nei media per dare rilevanza agli episodi più efferati.

Occorre andare oltre l’istinto di umana pietà che ci porta a voler insegnare ai nostri figli ad “amare i più sfortunati” e, al contempo, non insegnare loro ad “odiare/combattere i cattivi”.

Non è corretto scindere due categorie che, nella prassi, si compenetrano e si alternano ma, soprattutto, non è funzionale a proteggere i nostri figli. Piuttosto lo è accompagnarli nell’affrontare con coraggio il percorso della conoscenza di sé, del mondo e delle sue ricchezze fatto di emozioni forti, anche spaventose, mantenendo ferma la nostra presenza e il nostro esempio.

VOGLIAMO CONDIVIDERE CON TUTTI VOI UN PODCAST PER APPROFONDIRE UNA TEMATICA MOLTO DELICATA.

Grazie a Matteo Piraino, Sociologo, Data Analyst, Educatore, Counselor in psicologia e clinica dello sviluppo

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